Pavimenti in calcestruzzo per l’industria logistica
In questo articolo Anselmo Marchetti di Resinsystem, specialista in pavimenti di calcestruzzo per l’industria, ci parlerà di questo tipo di pavimentazioni. Vedremo quali sono le recenti tendenze del settore e come vengono applicate, in particolare, all’industria logistica. Tratteremo anche le problematiche più frequenti che ci si trova ad affrontare sul campo nel settore logistico, dove la resistenza dei pavimenti al transito di carichi pesanti è particolarmente importante.
I pavimenti industriali in calcestruzzo
Molto tempo fa i pavimenti industriali venivano costruiti con le piastrelline (7,5X15 cm) in Gres, sostituite poi dall’inizio degli anni ‘60 dalle piastrelle da 25×25 cm in “Korodur” o “Duromit”, a loro volta sostituite, all’aumentare dei carichi d’esercizio, dai pavimenti in betoncino da 4 cm + 1 cm di strato d’usura (in gergo chiamato “pastina”). Sia le piastrelline, sia le piastrelle 25×25 cm, infatti, non erano idonee a sopportare il transito di carrelli elevatori pesanti e con ruote in Vulkollan.
Piastrelline da 7,5X15 cm in Gres Porcellanato
Piastrelle da 25×25 cm in “Korodur” o “Duromit”
Ben presto, negli anni ‘70, questi materiali e applicazioni sono stati sostituiti con getti di calcestruzzo dallo spessore di 12-15 cm con strato d’usura leggero, detto a “spolvero o semina”, oppure con strato d’usura a spessore, detto “pastina”. L’evoluzione industriale verso la fine degli anni ‘70 richiese pavimenti performanti ma a basso costo. Si iniziarono a costruire pavimenti in calcestruzzo con spolvero di indurenti a base di quarzo. Fu così che Gres, piastrelle in “Korodur” o “Duromit” e pavimenti con strato d’usura a “Pastina” sparirono dal mercato sostituiti dal pavimento più economico in calcestruzzo con strato d’usura a “spolvero”.
Da quel momento l’industria del calcestruzzo, attraverso normative Europee, si è evoluta migliorando le prestazioni meccaniche del materiale tramite l’impiego di additivi performanti e adottando un’armatura costituita da fibre dapprima di acciaio (inizio anni ‘80) e successivamente in materiale sintetico (fine anni ‘80). Il cosiddetto Fiber Reinforced Concrete.
Naturalmente le norme sui pavimenti industriali hanno portato qualche chiarezza a livello generale:
È del 2005 la norma UNI 11146 “progettazione, esecuzione e collaudo dei pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale”, seguita nel 2014 dalle istruzioni CNR 211 “Istruzioni per la progettazione, l’esecuzione ed il controllo delle pavimentazioni in calcestruzzo”.
Queste norme e istruzioni oggi vigenti trattano i pavimenti di calcestruzzo per l’industria senza distinguere i particolari costruttivi richiesti dalla destinazione d’uso, che richiedono esigenze prestazionali ed accorgimenti progettuali diversi.
Le recenti tendenze del settore
Per quanto riguarda i pavimenti in calcestruzzo, ci sono diverse tendenze recenti che si applicano a vari settori, compreso quello logistico, e che corrispondono a pavimentazioni particolarmente richieste in ambito industriale. Anselmo Marchetti ci illustra qui alcune sue considerazioni tecniche che possono aiutare ad orientarsi nella scelta di un pavimento industriale per logistica e nella scelta del fornitore.
I pavimenti senza giunti
Il calcestruzzo è un impasto di pietrisco, sabbia e cemento. Alla composizione si possono aggiungere particolari additivi che vengono formulati dai più svariati produttori. Pertanto, il calcestruzzo è simile ad un altro per la sola resistenza meccanica, ma non per la composizione. Costruire un pavimento “senza giunti” richiede un calcestruzzo dalla composizione studiata che ne possa ridurre il ritiro, cosa impossibile per un calcestruzzo esposto all’aria, non casserato e neppure costipato a rifiuto. Questo principio di base, dimenticato dai più, richiede di pre-qualificare la miscela per conoscerne il ritiro alle brevi stagionature (3 e 7 giorni), poiché gli aggregati presenti all’impianto verranno consumati nel tempo (ogni metro cubo di cls necessita di circa 1800-1900 kg di aggregati). Avere risultati a 28 giorni non servirebbe a nessuno. Quindi, successivamente, è opportuno cautelarsi nell’isolare il pavimento dalle strutture presenti all’interno dell’immobile (perimetro, muri e pilastri) con giunti di isolamento e di contrazione. Pertanto, non è possibile costruire un pavimento “senza giunti”, ma con giunti limitati nel numero consentendo piastre con superficie più ampia dei soliti 4m x 4m.
La distanza tra i giunti di contrazione, a seconda della composizione del calcestruzzo, può essere calcolata, sulla scorta dei ritiri verificati del mix, maggiore ai soliti (18*h) +100. I pilastri devono comunque risultare sempre contorniati da giunti secondo lo schema, ormai collaudato, riportato di seguito. Non farlo sarebbe errato dal punto di vista tecnico.
IL PAVIMENTO SENZA GIUNTI NON ESISTE.
IL PAVIMENTO CON GIUNTI PIÙ DIRADATI DEVE ESSERE STUDIATO NEL MIX DEL CALCESTRUZZO.
I pavimenti post tesi su massicciata
Sul territorio italiano sono presenti alcune aziende che propongono il pavimento post teso con strato d’usura a spolvero. Si può far riferimento al “Technical Report No 43 Post-tensioned concrete floors design handbook”, che tratta però la costruzione di solai post-tesi, non la costruzione di pavimenti poggianti su massicciata di sopporto. Non esistono norme specifiche per costruire un pavimento post teso su massicciata.
Nei progetti all’italiana ad esempio:
- Il passo e la tipologia dei cavi stessi è uno standard (ma così non dovrebbe essere).
- Il valore di prima tesatura dei cavi dovrebbe essere confrontato con le resistenze meccaniche del calcestruzzo in quel momento, ma non sempre avviene. Così come le tempistiche di prima tesatura devono essere rispettate, ma questo dipende dalla disponibilità del personale in cantiere.
- La distanza di sollevamento dei cavi deve rispettare parametri non sempre verificati in corso d’opera.
- La lunghezza dei trefoli è vincolata alle perdite di carico (rilassamento) dei trefoli, ma questa lunghezza raramente è supportata da calcoli.
- Un’armatura lenta deve essere posta in aree strategiche contro l’insorgere di stato fessurativo, ma sovente si trascura questo dettaglio.
Un pavimento post teso aumenta la capacità strutturale, riduce le fessure e può eliminare fino al 95% dei giunti altrimenti necessari. Ma la costruzione richiede attente verifiche sui dettagli applicativi e pochissimi sono i tecnici in grado di verificarne la conformità.
I pavimenti per logistica in calcestruzzo
L’immobile industriale nel settore logistico necessita di tre aree chiave identificate come:
- Corsie strette
- Aree di libera circolazione
- Locale carica batterie
Il pavimento di calcestruzzo per corsie strette necessita di una planarità molto restrittiva misurata su 1 metro ed i giunti di contrazione e costruzione devono cadere al centro degli scaffali. Mentre le aree di libera circolazione richiedono una planarità meno restrittiva come riportato nelle UNI 11146. Il locale carica batterie deve invece avere un rivestimento in resina cosiddetto multistrato ed il rivestimento deve proteggere i muri perimetrali del locale per una altezza di 60-70 cm.
Ma una domanda sorge spontanea: come è possibile ottener una planarità restrittiva con una superficie in calcestruzzo?
Dapprima la composizione del calcestruzzo deve essere progettata per ridurre i ritiri e preferibilmente avere al suo interno un agente riduttore del ritiro (comunemente noti come SRA ovvero Shrinkage Reducing Admixture).
Impiegando questo agente nella composizione è possibile:
- limitare il ritiro costruendo giunti di contrazione ad una distanza maggiore dei soliti [(18*h) +100];
- limitare l’imbarcamento (curling) dei bordi dei giunti trattato più avanti
Quindi:
- La stesura del materiale deve avvenire con l’ausilio della laser screed, un macchinario a controllo computerizzato che consente di stendere e livellare il pavimento con buona tolleranza (foto 1)
- I pilastri devono essere isolati dal pavimento ed i giunti devono proteggerne i 4 spigoli contornandoli come illustrato (foto 2)
- La posa dell’indurente per lo strato di usura deve avvenire con una spolverina meccanizzata (foto 3)
- Immediatamente appena calpestabile la superficie deve essere nebulizzata con uno stagionante chimico, di cui però si conosca il coefficiente di protezione o l’efficienza di curing del prodotto applicato e del loro dosaggio, che deve soddisfare una evaporazione dell’acqua d’impasto inferiore al 75% dopo 72 ore (foto 4)
- A brevissimo tempo dall’ultimazione delle operazioni di finitura, si procederà al taglio dei giunti a distanze calcolate in subordine allo spessore ed alla composizione del calcestruzzo (foto 5)
Stesura del calcestruzzo con laser screed – Foto 1
Isolamento dei pilastri contorniati dai giunti – Foto 2
Applicazione dello strato indurente con spolverina meccanizzata – Foto 3
Applicazione stagionante chimico – Foto 4
Taglio dei giunti a breve dalla fine delle operazioni di finitura – Foto 5
L’imbarcamento o curling delle piastre di calcestruzzo
Una delle problematiche che possono riguardare i pavimenti industriali in calcestruzzo è l’imbarcamento delle piastre o curling. Si riporta la definizione con la nota riportata nella stessa norma UNI 11146:
“Deformazione di tutte le piastre di calcestruzzo dovuta alle contrazioni differenziali tra la parte superiore e quella inferiore (contatto con il supporto) della piastra a causa della diversa velocità di evaporazione dell’acqua tra i due strati. La deformazione si manifesta come un incurvamento concavo bidirezionale della piastra e sollevamento degli spigoli. Nota: questo fenomeno si manifesta su tutti i pavimenti e piazzali di calcestruzzo ed è una conseguenza dell’elevato rapporto tra superficie esposta all’aria e sezione della pavimentazione. La superficie superiore è infatti direttamente esposta all’evaporazione; quella inferiore è invece a contatto con il sottofondo e quindi meno interessata da tale fenomeno. Il calcestruzzo esposto all’aria è pertanto soggetto ad un’evaporazione più rapida, e quindi ad un maggior ritiro di quello a contatto con il sottofondo. Piastre sottili (cioè con un elevato rapporto superficie/sezione), così come piastre realizzate su supporti impermeabili (barriere al vapore, pavimenti vecchi, solette, ecc.) tendono a subire un maggior imbarcamento delle piastre realizzate su supporto drenante”.
Il degrado si manifesta sui bordi delle giunzioni, per cui si rende indispensabile a posteriori, ed il più tardi possibile, l’intervento con il cosiddetto travetto in resina, il cui scopo è quello di preservare i bordi dei giunti da uno sbrecciarsi in modo prematuro sotto i carichi dinamici.
Ma la contrazione differenziale tra superficie e fondo del pavimento non è la sola causa scatenante, molte sono le variabili che rendono impossibile calcolare questa deformazione, tra queste:
- L’umidità relativa nell’ambiente che rende instabile il calcestruzzo
- Il ritiro del mix utilizzato
- La forma degli aggregati
- La presenza di un supporto impermeabile che non consente all’acqua d’impasto di drenare
- Il clima al momento del getto.
Poiché è stato provato che l’imbarcamento si manifesta dopo 72 ore dal getto, per verificare se le maestranze hanno operato secondo la regola d’arte, la planarità deve essere controllata entro questo lasso di tempo. Procedendo oltre sarà inevitabile che la deformazione incida sulle misurazioni con la conseguenza che non si potrà attribuire colpa alcuna alle maestranze.
Se hai necessità di costruire un pavimento industriale per l’industria logistica, puoi affidarti all’esperienza di Resinsystem, che conosce bene le problematiche relative ad ogni tipo di pavimento in calcestruzzo e può studiare il materiale ideale per le tue necessità.